La stregoneria è un tema che mi affascina da sempre, e nel tempo ho letto diversi libri che lo affrontano in modi differenti. Da Io sono la strega a Weyward, da Vardø. Dopo la tempesta a Un’estate con la strega dell’Ovest, ognuno di questi libri mi ha lasciato qualcosa, sia in termini di emozioni che di riflessioni storiche o simboliche. Le streghe di Manningtree, invece, è stata un’esperienza decisamente diversa… e purtroppo non in senso positivo.

Libri a tema stregoneria
La figura della strega in letteratura è spesso il riflesso delle paure e delle ossessioni di un’epoca. La caccia alle streghe ha rappresentato un mezzo per controllare, reprimere e distruggere l’indipendenza femminile, e molti romanzi hanno saputo restituire questa realtà in modo potente e coinvolgente.
Penso, ad esempio, a La chimera di Sebastiano Vassalli, che racconta la storia di Antonia, accusata di stregoneria nel Seicento piemontese. Un libro che, oltre a ricostruire con precisione storica l’epoca, mette in luce l’ingiustizia e la crudeltà dei meccanismi di potere. Oppure a Vardø. Dopo la tempesta, ispirato a una persecuzione realmente avvenuta in Norvegia, che esplora il tema della sopravvivenza e della solidarietà tra donne.
Ci sono anche narrazioni più moderne e simboliche, come Weyward, che lega tre storie di donne attraverso i secoli, o Un’estate con la strega dell’Ovest, che affronta il tema della stregoneria in una chiave più spirituale e delicata. Tutti libri che, in modi diversi, riescono a dare spessore e significato a questa figura.
Le streghe di Manningtree, invece, mi ha lasciata perplessa. Pur partendo da un contesto storico interessante, la sua narrazione non è riuscita a trasmettere nulla di nuovo o particolarmente significativo.
Sinossi del libro

Le streghe di Manningtree di A.K. Blakemore è ambientato nell’Inghilterra del XVII secolo, in un periodo in cui la paura del maligno e il fanatismo religioso si intrecciano a una società già segnata dalla miseria e dalla guerra civile. La storia segue Rebecca West, una giovane donna che vive con la madre, una vedova dal carattere forte e dalla reputazione discutibile.
Manningtree è un villaggio povero, abitato quasi esclusivamente da donne, per lo più vedove o non sposate, che si sostengono come possono tra piccoli lavori e pettegolezzi. Quando Matthew Hopkins, il famigerato “cacciatore di streghe”, arriva in città, la situazione precipita: qualsiasi comportamento fuori dall’ordinario diventa un sospetto, ogni parola pronunciata nel momento sbagliato può trasformarsi in un’accusa di stregoneria. Rebecca e le altre donne si ritrovano così al centro di un’ondata di terrore, senza via di scampo.
L’autrice tenta di ricreare l’atmosfera opprimente dell’epoca, tra superstizione, ignoranza e violenza, mettendo in luce il potere che uomini senza scrupoli potevano esercitare su comunità fragili e isolate. Sulla carta, un’idea interessante, ma nella pratica l’ho trovata eseguita in modo poco coinvolgente.
Considerazioni personali
Difficilmente un libro mi irrita così tanto, ma questo c’è riuscito fin dalle prime pagine. Ho trovato fastidioso il modo in cui Rebecca parla di sua madre, con un disprezzo che mi è sembrato eccessivo e ingiustificato. Anche la scelta stilistica dell’autrice, con termini volutamente desueti, ha reso la lettura più faticosa che immersiva.
L’unica cosa che mi ha dato la forza di arrivare fino alla fine è stato il fatto di leggerlo con il gruppo #BookInPink. Sul nostro gruppo WhatsApp abbiamo iniziato a trascrivere tutte le parole strane che incontravamo e alla fine ne ridevamo, trasformando un’esperienza frustrante in un momento di condivisione.
Ma quello che ho trovato più disturbante è stata la crudeltà gratuita verso gli animali e lo scherno nei confronti dei corpi anziani. Non è una questione di sensibilità personale, ma proprio di scelte narrative che mi sono sembrate inutilmente sgradevoli e poco funzionali alla trama.
Perché non lo consiglio
Non mi ha lasciato nulla di positivo. Non ha aggiunto nulla a ciò che già sapevo sulla caccia alle streghe o sul fanatismo dell’epoca. Sul finale, poi, mi ha lasciato ancora più perplessa, senza un vero senso di chiusura o di crescita dei personaggi.
Se amate il tema, ecco cosa leggere
Per chi è interessato alla stregoneria in letteratura, ci sono romanzi molto più coinvolgenti e significativi.
- Weyward di Emilia Hart: un romanzo che intreccia tre storie di donne vissute in epoche diverse, tutte legate da un’eredità di forza e indipendenza. Perfetto per chi ama le narrazioni potenti e ricche di atmosfera.
- Vardø. Dopo la tempesta di Kiran Millwood Hargrave: ispirato a fatti reali, racconta le persecuzioni per stregoneria in Norvegia nel Seicento, mettendo al centro la resilienza femminile e il senso di comunità.
- Io sono la strega di Marina Marazza: basato sulla storia vera di Caterina Medici, condannata come strega nell’Italia del Seicento. Un libro che unisce ricerca storica e grande impatto emotivo.
- Un’estate con la strega dell’Ovest di Kaho Nashiki: una storia più intima e delicata, che esplora il concetto di stregoneria in modo simbolico e toccante.
- La chimera di Sebastiano Vassalli: un romanzo straordinario che ricostruisce con precisione storica il caso di una donna accusata di stregoneria, mostrandoci come l’ignoranza e la paura possano distruggere una vita.
Questi romanzi riescono a trasmettere un senso di inquietudine, ingiustizia e, allo stesso tempo, di potere e consapevolezza femminile. Cosa che Le streghe di Manningtree non è riuscito a fare.
Dati tecnici del libro
- Titolo originale: The Manningtree Witches
- Autore: A.K. Blakemore
- Anno di pubblicazione: 2021
- Edizione italiana: 2023, edito da Neri Pozza
- Pagine: 304
- Genere: Romanzo storico
Conclusione
Se siete appassionati di storie sulle streghe, ci sono libri molto più validi e coinvolgenti da leggere. Questo, purtroppo, è stata una delusione su più livelli.
